MODELLI DI ATTACCAMENTO E SESSUALITA’ IN ETA’ ADULTA

Modelli di attaccamento e sessualità in età adulta

Di Claudia Iannone

La teoria dell’attaccamento nasce e si sviluppa in un contesto psicoanalitico ad opera di John Bowlby (1969; 1980). Egli sosteneva che “l’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”. Bowlby integrò il modello psicoanalitico classico con osservazioni comportamentali del mondo animale di stampo etologico, in particolare riguardo le interazioni madre-bambino. Il suo modello scardinò il primato delle pulsioni (libido o pulsione di vita e aggressività o pulsione di morte) ponendo al centro del comportamento e della psiche umana il sistema d’attaccamento, che diviene quindi il sistema motivazionale principale. Bowlby ripudia il modello di sviluppo di Freud a “senso unico” nel quale il bambino avanza dalla fase orale a quella anale fino a quella genitale e ritiene che il legame che unisce il bambino alla madre non è una conseguenza del soddisfacimento del bisogno di nutrizione, bensì è un bisogno primario, geneticamente determinato, la cui funzione è garantire la crescita e la sopravvivenza biologica e psicologica del bambino. Egli ritiene che la ricerca della vicinanza sia la manifestazione più esplicita dell’attaccamento.

La tendenza all’attaccamento opera con massima intensità nella prima infanzia quando maggiore è la vulnerabilità ai pericoli e minore la capacità di fronteggiare da soli situazioni di disagio. La costituzione, nella prima infanzia, di un attaccamento sano e di una fiducia di base, dipende dalla presenza e dalla capacità di risposta dei genitori o di altri significativi, ai segnali ed ai bisogni del bambino. Secondo Bowlby l’attaccamento è un qualcosa che, non essendo influenzabile da situazioni momentanee, perdura nel tempo, si struttura nei primi mesi di vita intorno ad un’unica figura; molto probabile è che tale legame si instauri con la madre, dato che è la prima ad occuparsi del bambino, ma, come Bowlby ritiene, non sussiste nessun dato che avalli l’idea che un padre non possa diventare figura di attaccamento nel caso in cui sia lui a dispensare le cure al bambino.

Come afferma Clulow (2003), il legame di attaccamento sembra possedere le seguenti caratteristiche:

1) ricerca di vicinanza fisica alla figura di attaccamento;

2) effetto base sicura, cioè l’atmosfera di benessere e sicurezza che il bambino avverte una volta stabilita la vicinanza fisica;

3) protesta alla separazione, quando la prossimità diventa impossibile.

La qualità dell’esperienza definisce la sicurezza d’attaccamento in base alla sensibilità e disponibilità del caregiver (madre) e quindi la formazione di modelli operativi interni che andranno a definire i comportamenti futuri (relazioni). Con la crescita, l’attaccamento che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un “caregiver di riferimento”, si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia: nell’adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario e legarsi a nuove figure di attaccamento. La “base sicura”, che nei primi anni di vita viene assolta dalla mamma, poi, attraverso l’interiorizzazione dei comportamenti e degli affetti scaturiti dalla figura di riferimento, diventerà una struttura interna capace di consolare e proteggere. Avendo introiettato la figura di attaccamento, il bambino (e poi l’adulto) si sentirà sicuro e libero di esplorare il mondo che lo circonda con la certezza di ritrovare, dopo l’esplorazione, la propria madre. Nei modelli insicuri, invece, il caregiver risponde al comportamento di attaccamento con rifiuto, ambivalenza e minaccia, lasciando il bambino in uno stato ansioso rispetto alle risposte che potrebbe ricevere davanti ad un problema. La teoria dell’attaccamento ha enfatizzato sempre più, rispetto all’iniziale accentuazione del sistema comportamentale d’attaccamento, il valore della dimensione “rappresentazionale” ed il ruolo dell’interiorizzazione dei contenuti affettivi e del sistema di significati costruito nell’esperienza con le figure di accudimento. Per “rappresentazione di attaccamento” si intende “l’insieme delle credenze e delle aspettative di una persona su come funzionino le relazioni di attaccamento e su cosa si possa ottenere da esse” (Crowell e Treboux, 2001). Dato che l’ambiente in cui un bambino vive resta più o meno stabile nel tempo, le rappresentazioni (di Sé, dell’altro e della relazione) che si strutturano operano in maniera inconsapevole, guidando il comportamento nelle relazioni, influenzando le aspettative e i comportamenti nelle relazioni successive. Nel tempo i modelli possono andare incontro ad una revisione a seguito di nuove relazioni emotive (ad esempio con la formazione della coppia).Un partner, infatti, segnala le proprie necessità, per ricevere aiuto e conforto dal compagno, fino a quando non ottiene un certo tipo di risposta. Qualora la risposta sia “sintonizzata” ai bisogni il partner richiedente è in grado di ristabilire un equilibrio emozionale e dedicarsi alle attività di esplorazione. Il tema del “sentirsi sicuri” si rifà ad una sorta di regolazione emozionale reciproca tra partner, nella quale, grazie alla capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni dell’altro, si controllano le esperienze ed i vissuti affettivi (Zavattini, Santona, 2008).

Modelli d’attaccamento in età adulta

Il paradigma dell’attaccamento si è rivelato particolarmente adeguato a far luce sulle dinamiche delle relazioni amorose, così come a spiegare le ragioni delle difficoltà nel formare e mantenere legami soddisfacenti nelle relazioni adulte. Hazan e Shaver (1987) hanno adottato il modello bowlbiano per l’interpretazione del rapporto di coppia ipotizzando una associazione fra attaccamento e sentimento amoroso attraverso “workingmodels” (modelli operativi interni): strutture che includono componenti cognitive e affettive (credenze, attitudini, aspettative, scopi e bisogni) che caratterizza no le differenze individuali nei modelli di attaccamento “sicuri” e “insicuri”. Sempre tali autori definiscono il legame di attaccamento come una componente fondamentale e costitutiva del rapporto amoroso – integrato al comportamento sessuale – che favorisce e supporta, specie nella fase iniziale della relazione, la formazione del legame di attaccamento stesso; divenendo, via via che il legame si sviluppa, l’indice più predittivo della durata della relazione stessa.

Una variabile principale di sviluppo di ogni individuo risulta essere il percorso lungo il quale si organizza il suo comportamento di attaccamento dall’infanzia all’adolescenza. Le esperienze fatte durante questa fase influenzano lo sviluppo della personalità; in particolare il modo in cui un individuo percepisce e organizza il mondo che lo circonda e il modo in cui si aspetta che si debbano comportare le persone verso cui potrebbe sviluppare un attaccamento.Per valutare i Modelli Operativi Interni dell’adulto fu messa a punto da Mary Main et al. (1985) una procedura chiamata Adult Attachment Interview (AAI). L’AAI è un’intervista semistrutturata, inizialmente costruita per studiare le rappresentazioni di attaccamento delle madri di un gruppo di bambini osservati durante la Strange Situation. L’ipotesi alla base dello strumento era quella di rintracciare una connessione o un collegamento fra le esperienze di accudimento vissute dai genitori e le modalità relazionali che si erano instaurate coi figli. A partire da questo, l’autrice ha ipotizzato che il sistema di codifica dell’intervista permettesse di valutare lo “stato della mente” del genitore relativo all’attaccamento; vale a dire un aspetto parzialmente inconsapevole, ma costitutivo, della modalità dell’adulto di rappresentarsi e di porsi nei confronti delle proprie esperienze di attaccamento. Il sistema di codifica della AAI valuta, dunque, lo “stato della mente” del soggetto relativo all’attaccamento, ovvero un aspetto generale e narrativo del modo di porsi dell’individuo rispetto alla propria esperienza.

La codifica prevede l’assegnazione di una categoria principale che, analogamente a quanto avviene nell’infanzia, è identificata anche da una sigla, derivante dal suo nome inglese: Sicuro (Free: F), Distanziante (Dismissing: Ds), Preoccupato (Entangled: E), Irrisolto (Unresolved: U), Inclassificabile (CannotClassify: CC).

– Sicuro (F): gli individui dimostrano di avere flessibilità di pensiero e coerenza nella narrazione. Riescono a ricordare episodi specifici e ne integrano gli aspetti positivi e negativi. Mostrano spesso una capacità di elevato monitoraggio metacognitivo dei loro ricordi e del linguaggio. Questo monitoraggio viene descritto come “una capacità di esaminare le prove di nuovo, anche mentre l’intervista è in atto” (Main e Goldwin, 1998). Alla base sembra esserci un attivo riconoscimento della distinzione apparenza/realtà, della diversità delle rappresentazioni e del cambiamento delle rappresentazioni.

– Preoccupato (E): gli individui manifestano un coinvolgimento confuso, passivo o arrabbiato rispetto alle figure di attaccamento, dal quale è possibile evincere la presenza di un invischiamento nell’ambito delle relazioni familiari che continua ad agire sul loro attuale stato mentale. Le loro interviste si caratterizzano per una continua intrusione del passato nei loro processi mentali, all’interno di un discorso fortemente intriso di elementi affettivi, di sensazioni e di emozioni che il soggetto sembra non riuscire ad articolare in un quadro di pensiero logico e coerente. Nel corso dell’intervista, in particolare, questi soggetti sembrano prestare un’attenzione eccessiva verso i ricordi collegati con l’attaccamento, con una conseguente tendenza a perdere il punto centrale della domanda o il contesto del discorso e a produrre dettagli irrilevanti. I numerosi e dettagliati episodi che vengono rievocati non sono inoltre accompagnati da una valutazione più generale di tipo semantico.

– Distanziante (Ds): l’elemento comune è rappresentato da una particolare organizzazione di pensiero che permette loro di tenere l’attaccamento relativamente disattivato e scollegato dall’esperienza di vita attuale. Questa caratteristica si esprime, nel corso dell’intervista, attraverso il tentativo attivo di allontanare o sminuire il versante emotivo ed affettivo delle loro esperienze di attaccamento. Vengono classificati in questa categoria i soggetti le cui descrizioni dei genitori appaiono altamente positive (idealizzazione delle figure genitoriali), senza tuttavia che tali descrizioni risultino supportate da specifici episodi della loro infanzia (che possono invece porsi in aperta contraddizione con esse). Vengono inoltre classificati come Distanzianti quei soggetti che esprimono una forte svalutazione relativamente all’importanza delle relazioni di attaccamento, minimizzando in particolare l’influenza delle esperienze negative oppure omettendo di ricordare specifici episodi (specialmente quelli negativi) del loro passato.

– Irrisolto (U): i soggetti assegnati a questa categoria si caratterizzano per la presenza di un lutto o di un trauma non risolto relativamente al quale lo stato mentale del soggetto appare disorganizzato o disorientato. Questa categoria non rappresenta una vera e propria forma di organizzazione mentale complessiva rispetto all’attaccamento, ma si sovrappone alle precedenti. Gli indizi che possono portare a questa classificazione sono rappresentati, per esempio, dalla convinzione che la persona scomparsa sia ancora viva o da un atteggiamento di incredulità rispetto alla sua scomparsa, confusioni tra sé e la persona scomparsa, oppure disorientamento e confusione rispetto agli aspetti temporali degli eventi.

– Inclassificabile (CC): l’intervista viene considerata inclassificabile quando il soggetto manifesta una mescolanza di stati mentali incompatibili fra di loro, che non consente di assegnare il suo stato mentale a nessuna delle tre categorie principali.

Matching di coppia

Fisher e Crandell (2001), interessati alle dinamiche ed ai legami tra stile d’attaccamento individuale, interazioni di coppia e tra partner, hanno proposto il concetto di “attaccamento complesso”, nel quale ogni partner funge da figura di attaccamento per l’altro. Il concetto di attaccamento complesso si rifà all’idea che lo stile d’attaccamento di un partner influenza quello dell’altro poiché interviene nelle dinamiche di coppia e modifica la qualità delle interazioni. Infatti i due autori ipotizzano che stati sicuri della mente portino a relazioni durature e reciprocità nella coppia, al contrario stati insicuri siano alla base di relazioni rigide e resistenti. Fisher e Crandell elencano, quindi, tutti i possibili accoppiamenti che possono ottenersi dall’incrocio tra i diversi stili e ne descrivono le caratteristiche:

1) attaccamento sicuro/sicuro: entrambi i partner esprimono un giusto equilibrio tra caregiving e careseeking; riescono ad essere dipendenti ed essere oggetto di dipendenza dell’altro in modo sano e funzionale; le interazioni sono caratterizzate da fiducia e ricerca del contatto, fungendo uno per l’altro da “base sicura”. C’è simmetria all’interno del sistema ed i partner sono consapevoli degli effetti di queste esperienze sia su di sé che sull’alto nel momento in cui si muovono tra queste due posizioni.

2) attaccamento insicuro/insicuro: entrambi i partner sono caratterizzati da stati della mente insicuri. Si riscontra mancanza di flessibilità, reciprocità e bidirezionalità ed è presente un marcato grado di asimmetria e rigidità nella relazione. Mostrano poca consapevolezza circa la natura delle esperienze dell’altro e degli effetti su di sé e sull’altro. Possono manifestarsi tramite tre tipi di configurazioni:

3) attaccamento insicuro preoccupato/preoccupato: entrambi hanno difficoltà a fidarsi del conforto che l’altro può offrire e le loro interazioni, come la vita di coppia, risentiranno di sentimenti di deprivazione e di una convinzione reciproca che l’altro non potrà mai soddisfare i propri bisogni; gli affetti sono manifestati in modo eccessivo ed intenso, ricercando contatto emotivo ma restando insoddisfatti e arrabbiati. In questo modello di coppia è presente un livello elevato di discordia e conflitto in quanto ciascun partner, chiedendo che vengano saziati i suoi bisogni cronici di dipendenza, rifiuta ogni risposta percepita come inadeguata. Inoltre c’è asimmetria tra gli individui e nel sistema, tale che ciascun partner compete per la posizione di dipendenza e contemporaneamente vi resiste.

4) attaccamento insicuro distanziante/distanziante: i partners negano i sentimenti di dipendenza e debolezza e colludono con un modello che pretende che siano sradicate dalla relazione sia la posizione di dipendenza che quella di oggetto di dipendenza. Le relazioni di coppia, a volte, sono caratterizzate da esplosioni di rabbia e di risentimento verso l’altro, senza un’apparente provocazione. Infine esprimono in maniera minima i sentimenti;

5) attaccamento insicuro distanziante/preoccupato: i partners, pur appartenendo entrambi allo stile insicuro lo manifestano tramite due tipologie. Il partner preoccupato sente di essere abbandonato e cercherà costantemente il contatto ed il conforto dall’altro, mentre quello distanziante avvertirà fastidio in merito ai bisogni del coniuge e cercherà di allontanarsene il più possibile, generando una dinamica “inseguitore-distanziatore” (Zavattini, 2008). Appena il partner preoccupato intensifica il desiderio di soddisfare i propri bisogni, si incrementa la risposta difensiva del partner distanziante. Questo sistema è, quindi, altamente conflittuale, con il partner preoccupato che manifesta insoddisfazione e quello distanziante che ritiene sia il malcontento dell’altro ad essere il problema nella relazione.

6) attaccamento sicuro/insicuro: solitamente questo tipo di accoppiamento porta il partner insicuro ad esperire sentimenti di sicurezza ed a migliorare o correggere la rotta del proprio stato della mente, poiché il partner sicuro funge da “base sicura” e mostra che, oltre alle modalità di interazione che il partner insicuro conosce, esistono schemi e modelli alternativi. In ogni caso, il partner sicuro si fa carico del bisogno di dipendenza dell’altro, andando a creare un rapporto di coppia bilanciato e flessibile. Raramente, accade anche che sia il partner sicuro ad allinearsi allo schema insicuro, divenendo maggiormente rigido e distaccato.

Attaccamento e comportamento sessuale

La sessualità è espressione fondamentale dell’essere umano, è un fenomeno complesso che vede coinvolte influenze psicologiche, biologiche e culturali. Non si può ridurre alla dimensione genitale del sesso, ma comprende una vasta gamma di opzioni, come pure di sensazioni ed emozioni. La sessualità è così anche gioco, relazione, comunicazione, scambio di piacere, momento privilegiato dell’intimità. E’ partendo da quest’ultima che la sessualità può organizzarsi nel modo più utile alla dimensione emozionale ed affettiva della coppia.

Si tratta di un comportamento che ha una modulazione nell’arco di tutta la vita di un individuo e ne qualifica l’intensità delle relazioni. Interferisce con il suo benessere o malessere psicologico, quando non direttamente con l’organizzazione di tratti o di strutture psicopatologiche. L’osservazione dei complessi meccanismi biologici che definiscono il comportamento sessuale e che ne determinano la risposta non dà ragione, di per sé, della multifattorialità che determina questo comportamento. C’è una stretta correlazione tra sviluppo degli istinti, educazione e formazione della personalità. Per questo, le prime espressioni ed esperienze sessuali del bambino concorrono alla formazione del comportamento e della struttura della personalità quale si sviluppa nell’adolescente prima e nell’adulto poi. Il comportamento sessuale riconosce quindi nella relazione il suo referente primario. Il comportamento sessuale può essere messo in atto allo scopo di regolare stati emotivi e soddisfare bisogni non primariamente sessuali che la persona non riesce a gestire diversamente. Tenendo conto di questo, è possibile indagare come il comportamento sessuale possa essere messo in atto con modi e finalità differenti a seconda del modello di attaccamento.

L’utilizzo difensivo del comportamento sessuale e la sua relazione con la gestione dell’affettività sono stati indagati in ambito psicoanalitico fin dalle origini, in particolare per quanto concerne gli studi sulla perversione, e la sessualizzazione o la erotizzazione difensiva. L’impresa psicoanalitica, peraltro, è sempre stata quella di “interpretare” altre motivazioni dietro a quelle apparenti dei comportamenti e delle giustificazioni coscienti. Nonostante l’ampia attenzione rivolta in ambito psicoanalitico e psicodinamico al rapporto tra sessualità e sviluppo affettivo, Lichtenberg (1989) sottolinea come spesso tali contributi non siano stati supportati da studi sperimentali e osservazioni sistematiche. La ricerca sull’attaccamento ha permesso di iniziare a colmare questa lacuna attraverso un insieme di ricerche sul bambino, sul mantenimento del modello di attaccamento nel corso della vita e sulla sua generalizzazione anche ad altri tipi di relazioni.Una relazione di solito ha inizio o con l’infatuazione o con un’attrazione sessuale. I sentimenti associati all’attrazione sono parte integrante del le dinamiche dell’amore romantico. Il sistema sessuale gioca quindi un ruolo fondamentale nel consolidamento e nel mantenimento del livello di soddisfazione nelle relazioni di lunga durata. E’ evidente che le relazioni sessuali nelle quali entrambi i partner riescono a soddisfare i propri bisogni sessuali contribuiscono alla soddisfazione e alla stabilità della coppia (Sprecher&Cate, 2004). Al contrario un cattivo funzionamento dei sistemi sessuali di coppia incrementa l’interesse di uno dei partner nei confronti di una terza persona esterna alla coppia, corrode i legami affettivi e, quindi, distrugge la relazione (Sprecher&Cate, 2004; Hassebrauck&Fehr, 2002).

Il malfunzionamento dei sistemi comportamentali sessuali, come per gli altri sistemi, può essere concettualizzato in termini di strategie di iperattivazione e disattivazione. Le strategie di iperattivazione includono tentativi intrusivi e coercitivi di persuadere un partner ad avere un rapporto sessuale (Mikulincer, 2006). Durante il processo, una persona può iper-enfatizzare l’importanza dell’attività sessuale all’interno della relazione ed adottare un comportamento vigile nei confronti dei segnali sessuali del proprio partner. L’attivazione di questo sistema sessuale cronico è accompagnato, il più delle volte, da sensazioni di ansia, paura nei confronti dell’attrattività sessuale. Queste ansie e queste paure possono provocare risposte intrusive o aggressive allo scopo di convincere il proprio partner ad avere rapporti sessuali; il che a sua volta può portare ad un rifiuto o all’inizio del mal funzionamento dell’intero sistema sessuale. Al contrario, disattivare le strategie sessuali può comportare il rifiuto di bisogni sessuali, allontanamento dal proprio partner, soppressione dei pensieri e delle fantasie. Può capitare inoltre che venga promossa la promiscuità sessuale. E’ stato ipotizzato che le persone sicure dal punto di vista dell’attaccamento si impegnano per raggiungere l’intimità e il piacere durante l’attività sessuale, per essere appagati dal sesso e per rispondere ai bisogni del partner. Al contrario le persone ansiose hanno problemi a soddisfare i bisogni del proprio partner e sanno anche che è molto difficile per loro stessi raggiungere la calma e quello stato di sicurezza che li aiuterebbe a trarre dall’attività sessuale mutuo appagamento. Anche l’atteggiamento evitante può alterare il sistema sessuale anche se, tuttavia, questo atteggiamento favorisce l’esplorazione del piacere sessuale. Da tutto questo emerge che il processo di attaccamento dà forma alle motivazioni, alle esperienze e ai comportamenti sessuali.

La costruzione di una relazione che può divenire un legame di attaccamento inizia probabilmente con un forte desiderio di vicinanza. Mentre da piccoli la ricerca di vicinanza è dettata principalmente dalla paura (sebbene il bambino si avvicini alla madre anche per condividere scoperte piacevoli e per sollecitare apprezzamento per la propria riuscita), gli adulti possono cercare il contatto per attrazione interpersonale o interesse sessuale. Secondo Shane, Shane & Gales (1999), nel caso dell’attaccamento insicuro le esperienze sessuali piacevoli possono sostituire altri importanti bisogni non sessuali del Sé e del Sé-con-l’altro che non sono stati soddisfatti. Gli individui con questi pattern mancano di un Sé consolidato, hanno difficoltà nell’integrazione del Sé e mancano di un forte legame con l’altro. Quindi non possono godere un’esperienza di sé viva e integrata, o di un’intimità sessuale con il partner piena e reciprocamente gratificante. Secondo tali autori il reclutamento della sessualità al servizio dei bisogni di attaccamento rappresenta un’ampia categoria che copre molte manifestazioni sintomatiche diverse, inclusa per esempio la dedizione patologica al sesso, le ossessioni sessuali, le compulsioni sessuali, le fantasie sessuali controfobiche e le messe in scena controfobiche. In queste esperienze il soggetto utilizza l’esperienza sessuale come via attraverso la quale raggiungere una sensazione di benessere, di auto-protezione, di auto-regolazione, di autoconservazione e di sollievo dal senso di essere solo. L’esperienza sessuale, quindi, diviene un modo per soddisfare dei bisogni di attaccamento. Questi bisogni di attaccamento superano, hanno la precedenza e sostituiscono il sesso stesso.

Il comportamento sessuale può essere vissuto diversamente in rapporto alle due dimensioni di attaccamento identificate da Bartholomew& Horowitz (1991): evitamento e ansia.

Alto Evitamento

Le persone che hanno uno stile di attaccamento caratterizzato da alto evitamento mettono in atto strategie in grado di disattivare i bisogni di attaccamento e la ricerca di vicinanza ed intimità. Il comportamento sessuale può quindi essere vissuto in modo scollegato dai bisogni di attaccamento, oppure può servire per soddisfarli ma in modo individuale, anche quando viene sperimentato con un’altra persona, con la quale però non vi è un reale coinvolgimento intimo.

Davis, Shaver& Vernon (2004) hanno svolto una ricerca su un campione di 1.999 soggetti, di età superiore ai 15 anni, che avevano avuto almeno una relazione in cui vi erano stati rapporti sessuali. Da tale ricerca sono emerse numerose informazioni che hanno permesso di mettere a confronto la modalità di vivere il sesso delle persone con alto evitamento nell’attaccamento con quella delle persone con alta ansia. Per quanto riguarda le condizioni di attivazione hanno rilevato che il comportamento comportamento sessuale può essere motivato dalla percezione di stress ed insicurezze relazionali. Nel caso dell’evitamento, dato che vengono impiegate strategie che disattivano l’attaccamento al fine di ridurre lo stress, questo non avviene. Davis, Shaver& Vernon (2004) hanno riscontrato anche come il comportamento sessuale, in generale, possa svolgere funzioni analoghe ai comportamenti di attaccamento, possa cioè servire agli stessi bisogni. La ricerca di vicinanza ed il desiderio di cure incrementano la sensazione soggettiva di sicurezza e di intimità emotiva nonché la regolazione emotiva, favorendo anche l’incremento dell’autostima. Anche questo però non avviene per le persone con alto evitamento. Le persone con attaccamento evitante, infatti, tendono a cercare di gestire lo stress e le difficoltà da soli, ricercando sentimenti di autoefficacia ed indipendenza. Gli autori, nella loro esperienza clinica, hanno osservato come il sesso non avrebbe lo scopo di ricercare la vicinanza dell’altro quanto, piuttosto, può essere vissuto come un meccanismo di autocura, anche quando viene praticato con il partner. A sostegno di questa osservazione, Davis, Shaver& Vernon (2004) ipotizzano che gli evitanti possono vivere i comportamenti sessuali come un modo per ridurre lo stress perché non c’è bisogno di mostrare al proprio partner l’angoscia che si prova oppure di fare richieste esplicite di cure e conforto. È invece possibile manifestare e condividere esclusivamente emozioni positive, godere dell’incontro sessuale, dell’intimità e della rassicurazione.

La promiscuità dei soggetti con attaccamento evitante è riferita anche negli studi di Shaver&Hazan (1992) e Allen &Baucom (2004) – secondo i quali le persone con attaccamento evitante sono soggette a vivere la sessualità in modo promiscuo – nonché dalla Crittenden (1999) che definisce una classificazione di tipo evitante che chiama appunto “promiscuo”. Secondo la Crittenden, questa configurazione compulsiva si riferisce alla tendenza a frapporre una distanza fra sé e figure appropriatamente intime, cioè figure di attaccamento e partner sessuali, e a vivere invece l’intimità con figure distanti e non appropriate, mettendo quindi in atto forme di attaccamento “indiscriminato”.

L’evitamento è risultato essere correlato positivamente con l’utilizzo del sesso al fine di manipolare l’altro o esercitare un controllo su di lui (Davis, Shaver& Vernon, 2004). Secondo Davis et al. (2006) tale associazione è giustificata dalla tendenza delle persone evitanti a ricercare il controllo e dalle loro scarse capacità empatiche e comunicative. Nella loro ricerca hanno infatti rilevato, per gli evitanti, un’associazione tra scarse abilità comunicative nella relazione e la tendenza a mettere in atto comportamenti coercitivi. Infine gli evitanti risultano essere più preoccupati, rispetto agli ansiosi, delle conseguenze negative dei comportamenti sessuali non protetti (Davis et al., 2006). Gli autori ipotizzano che questo sia dovuto alla maggiore importanza data a se stessi e al proprio benessere piuttosto che ai desideri dell’altro e alla condivisione dell’esperienza sessuale.

Alta Ansia

Persone con attaccamento ansioso vivono spesso l’amore come una esperienza che implica ossessione, desiderio di reciprocità e di unione, alti e bassi emotivi, una fortissima attrazione sessuale e sentimenti di gelosia (Hazan&Shaver, 1995). Dalla ricerca di Davis, Shaver e Vernon (2004) è emerso come, per le persone con alta ansia nell’attaccamento, il comportamento sessuale possa essere motivato dalla percezione di stress ed insicurezze relazionali. In tali circostanze la condotta sessuale è risultata correlata con riduzione dello stress, aumento dell’autostima e, in particolare, rassicurazione e intimità emotiva. Il sesso verrebbe quindi utilizzato al fine di ricevere rassicurazione dell’amore e della disponibilità del partner.

Per i soggetti ansiosi il comportamento sessuale è risultato fortemente correlato anche con la ricerca di protezione dall’ostilità, dagli stati emotivi negativi o dalla violenza del partner. Il sesso può essere quindi usato al fine di cercare di controllare lo stato emotivo dell’altro e di riavvicinarlo a sé, sostituendo gli stati emotivi negativi con sentimenti di accettazione e desiderio di vicinanza. Persone con attaccamento ansioso hanno inoltre riferito di utilizzare il comportamento sessuale per esercitare un potere nei confronti del partner.

L’ipotesi è che, essendo l’ansia associata alla tendenza a mettere in atto strategie coercitive, il bisogno di controllare il partner possa manifestarsi attraverso l’espressione di desideri sessuali. Reciprocamente, possono vivere il tentativo del partner di controllarli come un interesse sessuale nei loro confronti. Infine, e per gli stessi motivi, è emerso come le persone ansiose possono mettere in atto volontariamente, o perché obbligate dal partner, comportamenti sessuali indesiderati al fine di mantenere l’amore e l’attenzione ed evitare i conflitti. Parallelamente, viene inibita la manifestazione delle proprie preferenze sessuali al fine di massimizzare l’approvazione. Secondo Davis et al. (2006), il fallimento nell’affermazione e soddisfazione dei propri bisogni personali, o la coercizione dell’altro in attività indesiderate sono motivate dalla continua ricerca, attraverso il sesso, della disponibilità e dell’amore. Questo perché gli ansiosi tenderebbero ad interpretare l’attività sessuale come un termometro dello stato della relazione. Sebbene le persone ansiose siano intrusive e poco capaci nel prendersi cura degli altri, spesso sono altamente motivate a dare conforto. In relazione a questo elemento, un ultimo dato emerso dalle ricerche è che possono ricercare la vicinanza del partner sofferente e tentare di dargli cure e conforto attraverso il comportamento sessuale. Il sesso diviene quindi il modo per dimostrare la propria vicinanza ed il proprio affetto nei momenti di difficoltà (Davis, Shaver& Vernon, 2004).Inoltre Davis et al. (2006) hanno rilevato come l’ansia sia collegata con una maggiore varietà di attività sessuali e una maggiore soddisfazione fisica. Ipotizzano che questo maggior piacere sia dovuto al fatto che, per gli ansiosi, il sesso fornisca anche una rassicurazione per l’affetto e per l’amore del partner e perché compenserebbe gli effetti negativi dell’inibizione della comunicazione e della soddisfazione di altri specifici bisogni, garantendo in questo modo un piacere aggiunto rispetto a quello sessuale. Alcuni autori hanno poi osservato che, per le donne, l’ansia sia associata a relazioni sessuali precoci, elevato numero di partner sessuali ed infedeltà (Hazan, Zeifman&Middleton, 1994).

Gli uomini ansiosi, invece, avrebbero meno relazioni sessuali di quelli sicuri ed evitanti (Feeney, Noller& Patty, 1993).Infine, contrariamente alle persone con uno stile di attaccamento caratterizzato dall’evitamento, quelle ansiose tendono a mettere in atto comportamenti rischiosi per la propria salute quando questi vengono percepiti come negativi per l’intimità. La ricerca di intimità assumerebbe quindi un valore maggiore della ricerca di cure e protezione nei propri confronti (Davis et al., 2006).

Rispetto al modo in cui il sesso può essere vissuto dalle persone con un modello di attaccamento ansioso, la Crittenden (1999) descrive una configurazione di tipo ansioso che chiama “seduttivo: ossessionato dal soccorso”. Questi individui utilizzano le informazioni inerenti all’attaccamento e la sessualità per condurre, fuorviare e coinvolgere l’ascoltatore in una collusione contro altre persone importanti nella loro vita. La sessualità viene quindi considerata e usata come un mezzo valido per attirare l’attenzione dell’altro e creare un’alleanza.

Alta ansia ed alto evitamento

La letteratura sull’attaccamento infantile ha riportato l’esistenza di uno stile di attaccamento caratterizzato da un misto di alta ansia ed evitamento, tipico di situazioni relazionali caratterizzate da abuso e trascuratezza. Tale stile è stato individuato da Main& Solomon (1990) i quali parlano di attaccamento disorganizzato, dalla Crittenden (1988) la quale parla di pattern evitante/ambivalente, e da Bartholomew& Horowitz (1991) che lo chiamano evitante-timoroso.Secondo Shane, Shane &Gales (1999), l’esperienza sessuale tipica di questi stili di attaccamento in realtà non è realmente sessuale. In questo caso i bisogni del proprio Sé e del Sé-con-l’altro non sono soddisfatti e non vi è né amore, né intimità, né piacere sessuale di qualche tipo. Inoltre, non vi è né un Sé integrato, né un Sé consolidato, né un forte legame con l’altro.L’esperienza di queste persone non è sessualmente piacevole e, a volte, non implica nemmeno i genitali. Piuttosto, e più spesso, è sgradevole o dolorosa, oppure anestetica a causa dei tentativi del Sé di auto-proteggersi grazie a meccanismi di dissociazione. Conclusioni

Come sostenuto da Hazan e Shaver (1987) nella loro concezione sull’amore romantico, attaccamento e sessualità risultano sistematicamente correlati tra loro. Gli individui con attaccamento sicuro vivono la sessualità come reciproca esperienza piacevole e soddisfacente, caratterizzata da intimità ed affetto, in un contesto relazionale stabile e solitamente non esprimono una sessualità ansiosa o incline alla manipolazione dell’altro.

Riguardo al sistema sessuale si è sostenuta l’ipotesi che il comportamento sessuale possa essere utilizzato al fine di compensare e soddisfare i bisogni di attaccamento che non siano stati adeguatamente riconosciuti e soddisfatti nel passato, e che la persona non sia in grado di esprimere e gratificare nel presente. Avrebbe quindi lo scopo di regolare stati emotivi e di soddisfare bisogni non primariamente sessuali, che l’individuo non riesce a gestire diversamente. In particolare, il comportamento sessuale può essere vissuto con tale finalità non solo all’interno della relazione primaria, ma anche al suo esterno, con modalità complementari o compensative. Le motivazioni e le finalità con le quali il sesso viene vissuto sono poi diverse a seconda dello stile di attaccamento e variano anche in funzione dell’ipotesi di matching di coppia, cioè di scelta del partner. In base a tali ipotesi le persone tenderebbero a ricercare relazioni con partner che confermano le loro convinzioni riguardo all’attaccamento.

Ancora oggi si sente il bisognodi incrementare il numero di ricerche e focalizzare l’attenzione su questo aspetto, poiché risulta ancora scarsa la letteratura in merito. Anche i risultati, spesso, sono contrastanti, probabilmente a causa della varietà degli strumenti utilizzati. La necessità di sperimentazione assume un ruolo fondamentale anche riguardo il tema della psicoterapia. Infatti, conoscendo ed approfondendo le interrelazioni tra i sistemi motivazionali, le psicoterapie potrebbero riceverne un beneficio importante.

In particolare, utilizzando un approccio strategico – integrato volto alla presa di coscienza dello stile d’attaccamento sottostante la coppia e finalizzato alla graduale modificazione dello stesso a beneficio di un modello di attaccamento sicuro, si garantirebbe un miglioramento del rapporto di coppia sia a livello affettivo che a livello prettamente sessuale. Infatti, per quanto concerne il modello di attaccamento, il partner non verrebbe più utilizzato per la soddisfazione di bisogni altri, come sostenuto in precedenza, e la sessualità verrebbe vissuta in maniera più matura e funzionale. L’attenzione potrebbe essere rivolta alle “tentate soluzioni” messe in atto per la soddisfazione dei bisogni e, attraverso una ristrutturazione delle stesse, si potrebbe attivare un processo di cambiamento volto a fornire un nuovo punto di vista, una alternativa di attaccamento.

In questo senso le “tentate soluzioni” sono intese quali reiterati modelli comunicativi, affettivi, cognitivi (in termini di Modelli Operativi Interni) e di attaccamento, conosciuti e sperimentati negli anni dalla coppia e che, ad un certo punto del percorso di sviluppo della coppia, hanno portato ad un blocco evolutivo a causa della loro improvvisa inefficacia.

Il terapeuta potrebbe, quindi, fungere da “altro significativo”, in grado di far sperimentare al paziente un dello di attaccamento diverso, “sicuro”. In seguito a questo, date le premesse, la coppia potrebbe beneficiare di un miglioramento della relazione e, di conseguenza, ritrovare una più autentica e matura sessualità. Ovviamente non è possibile deresponsabilizzare la coppia ed assumersi l’onere si “sostituire” il partner in terapia, ma sarebbe utile trovare la giusta cooperazione, motivazione ed alleanza terapeutica con i pazienti, al fine di favorire una esperienza emotiva e di attaccamento nuova e funzionale.

Inoltre, puntando sulla versatilità dell’approccio strategico-integrato, si potrebbe lavorare sulla comunicazione tra partner per facilitare la loro vicinanza e l’ascolto reciproco dei bisogni individuali e di coppia. In questo modo non sarebbe necessario l’utilizzo della sessualità per compensare le eventuali carenze affettive o il bisogno di controllo, di uno o di entrambi i partner.Un ulteriore intervento si potrebbe attuare capovolgendo il “problema”, ossia partendo, non dallo stile di attaccamento che si è co-strutturato, bensì dalla sessualità. In questo caso, una psicoterapia che prenda in considerazione tecniche sessuologiche potrebbe far sperimentare una intimità sessuale scevra dai vincoli sopra descritti e far riscoprire un feeling ed un legame nuovo. Se è vero, infatti, che i due sistemi sono strettamente interrelati tra loro, partendo da uno qualsiasi dei due elementi, il cambiamento dovrà necessariamente ripercuotersi sull’altro, attivando un processo “a cascata”.

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